…I dati che emersero mi lasciarono perplessa e non poco; col questionario, preparato con l’aiuto della mia relatrice e del mio correlatore e somministrato a un centinaio di ragazze delle scuole prima che iniziassi a esporre i vari danni dell’uso di alcol durante la gravidanza, emerse tra le altre cose che il 56,25% delle ragazze esaminate aveva l’abitudine di bere più di 20 bevande alcoliche durante l’anno e che di queste il 26% ha iniziato a bere a 15 anni, mentre il 32,3% ha iniziato a 17. Inoltre i dati che mi hanno preoccupato di più sono stati l’82,3% delle ragazze che è ben consapevole che è vietato assumere alcolici al di sotto dei 18 anni e il 41,7% delle ragazze che è fermamente convinto che assumere piccole quantità di alcol in gravidanza non crei problemi al bambino, ma al contrario possa portare dei benefici…
Questi dati mi portarono a riflettere parecchio, ormai ero decisa a portare non più una semplice tesi davanti alla commissione, ma un vero e proprio problema che può essere risolto con della buona prevenzione e condivisione da parte di tutti. Ora, per scrivere una buona tesi c’è bisogno di buon materiale da cui prendere spunto e su cui studiare il più approfonditamente possibile e qui entrò in scena la dottoressa Stefania Bazzo, segretario del Comitato scientifico di AIDEFAD – aps che con molta gentilezza e disponibilità mi fornì tutto il materiale di cui avevo bisogno per ultimare le mie conoscenze sull’immenso mondo della FASD. Grazie allo studio di questo materiale appresi meglio la differenza tra FAS completa, pFAS (FAS parziale), DNCA (Difetti alla Nascita Causati dall’Alcol) e DSNA (Disturbo dello Sviluppo Neurologico correlato all’Alcol), compresi meglio tutte le problematiche fisiche e organiche dei soggetti affetti, le zone cerebrali più colpite e i danni a medio e lungo termine…

AUTORE

Noemi Megna

CATEGORIA

In Evidenza, Tesi, FASD, Premio Debiasi

POSTATO IL

10 Gennaio 2021

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Noemi Megna

Quando ripenso al percorso che mi ha portato allo sviluppo della mia tesi, rimango sempre sbalordita del fatto che, quella che può sembrare una piccola coincidenza, mi abbia invece portato all’interno di un mondo del quale io ero completamente all’oscuro e che mi ha coinvolto talmente tanto che ho deciso di dedicarci anima e cuore anche dopo la laurea.
Andando per ordine, tutto iniziò a Ottobre 2019, periodo in cui stavo entrando a tutti gli effetti nel terzo e ultimo anno del mio corso di laurea in Infermieristica. Anche se mancava ancora un anno pieno al fatidico momento, l’ansia era a mille, volevo che tutto fosse programmato e pronto per essere sviluppato nei giusti tempi, tutto doveva essere perfettamente sotto il mio controllo, così mi precipitai da chi, da lì a poco, sarebbe diventata la mia relatrice, la professoressa Maria Rita Giammarinaro.
Mentre discutevamo sui possibili argomenti che avrei potuto sviluppare nella mia tesi arrivò una domanda totalmente inaspettata: “Tu conosci la FASD?”. Mutismo totale. In quel momento andai in confusione, quell’acronimo non riportava a galla nulla di tutto ciò che avevo studiato, facevo fatica a capire anche in quale contesto e in quale materia si sarebbe dovuto inserire. Leggendo la confusione sulla mia faccia, la Prof. mi tranquillizzò dicendo che non era un argomento studiato ed era anche molto poco conosciuto, però, dato che stava preparando un progetto molto interessante, mi disse di leggermi qualcosa a riguardo e farle sapere se avessi voluto partecipare.

Tornata a casa feci ciò che la professoressa mi aveva suggerito e iniziai a cercare qualche notizia sulla FASD. A posteriori mi rendo conto di come all’epoca stessi solo leggendo quella che era la punta dell’iceberg di questo vastissimo argomento, quelle che mi sembravano notizie valide erano in realtà solo accenni che spesso erano confusi e poco chiari. Nonostante ciò mi sembrava un argomento molto interessante dal punto di vista clinico ed essendo un argomento poco conosciuto avrei avuto l’opportunità di portare qualcosa di nuovo e fresco in sede di commissione.
Decisi così di dare la mia conferma alla professoressa che mi consigliò di contattare chi sarebbe stato il mio correlatore, il presidente dell’associazione A.I.D.E.F.A.D. – aps, Claudio Diaz, che iniziò ad aiutarmi a districarmi nel vasto mondo della FASD, così da poter procedere con la prima fase dello sviluppo della tesi: fare prevenzione nelle scuole superiori di secondo grado e raccogliere dati per iniziare un’indagine statistica.
Di tutto il percorso, andare nelle scuole fu decisamente la mia parte preferita. Adoravo parlare con le ragazze e i ragazzi, si dimostrarono subito incuriositi e attivi, facendo domande o interventi, arricchendo il contenuto della prevenzione e dandomi la sincera speranza che le nuove generazioni sarebbero state migliori delle precedenti. Inoltre far prevenzione a loro mi diede la possibilità di capire quanto l’uso di alcol in gravidanza possa essere pericoloso, quanti problemi sia psicologici che fisici possa portare al nascituro e come le conseguenze dell’esposizione prenatale all’alcol possano sconvolgere la famiglia, sia essa biologica o adottiva, del bambino affetto da FASD.

Tuttavia la vita mi ha insegnato che le cose belle non durano per sempre e purtroppo il 2020 ha rimarcato benissimo questo concetto, infatti con l’avvento della pandemia le scuole iniziarono a chiudere e fui costretta a interrompere il mio giro nelle scuole. Dopo mesi di blocco e incertezza, la professoressa Giammarinaro e Claudio mi consigliarono di basarmi sui dati che ero riuscita a raccogliere, con la promessa da parte mia che avrei continuato a fare prevenzione nelle scuole anche dopo la laurea. I dati che emersero mi lasciarono perplessa e non poco; col questionario, preparato con l’aiuto della mia relatrice e del mio correlatore e somministrato a un centinaio di ragazze delle scuole prima che iniziassi a esporre i vari danni dell’uso di alcol durante la gravidanza, emerse tra le altre cose che il 56,25% delle ragazze esaminate aveva l’abitudine di bere più di 20 bevande alcoliche durante l’anno e che di queste il 26% ha iniziato a bere a 15 anni, mentre il 32,3% ha iniziato a 17. Inoltre i dati che mi hanno preoccupato di più sono stati l’82,3% delle ragazze che è ben consapevole che è vietato assumere alcolici al di sotto dei 18 anni e il 41,7% delle ragazze che è fermamente convinto che assumere piccole quantità di alcol in gravidanza non crei problemi al bambino, ma al contrario possa portare dei benefici.
Questi dati mi portarono a riflettere parecchio, ormai ero decisa a portare non più una semplice tesi davanti alla commissione, ma un vero e proprio problema che può essere risolto con della buona prevenzione e condivisione da parte di tutti. Ora, per scrivere una buona tesi c’è bisogno di buon materiale da cui prendere spunto e su cui studiare il più approfonditamente possibile e qui entrò in scena la dottoressa Stefania Bazzo, segretario del Comitato scientifico di AIDEFAD – aps che con molta gentilezza e disponibilità mi fornì tutto il materiale di cui avevo bisogno per ultimare le mie conoscenze sull’immenso mondo della FASD. Grazie allo studio di questo materiale appresi meglio la differenza tra FAS completa, pFAS (FAS parziale), DNCA (Difetti alla Nascita Causati dall’Alcol) e DSNA (Disturbo dello Sviluppo Neurologico correlato all’Alcol), compresi meglio tutte le problematiche fisiche e organiche dei soggetti affetti, le zone cerebrali più colpite e i danni a medio e lungo termine.

Il tempo passava e quando arrivò il momento della proclamazione ripensai a tutto l’aiuto ricevuto, a come la mia relatrice, Claudio, la dottoressa Bazzo e molti altri mi supportarono per tutta la durata del percorso, così presi una decisione: voglio farmi carico della prevenzione sul territorio riguardo tutto ciò che concerne la FASD, voglio aprire gli occhi a quanti più ragazzi e ragazze possibile sui rischi che corrono nel bere alcol e assumere sostanze e che possono far correre al bambino che un giorno avranno ed eliminare tutti i luoghi comuni e le false credenze che mettono a repentaglio la salute di milioni di persone.

La paura è tanta, ma la voglia di combattere ancora di più, e con un’associazione come A.I.D.E.F.A.D. a sostenermi so di non essere sola nella mia battaglia.

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