…È stato dimostrato che l’alcol attraversa prontamente non solo la barriera placentare ma anche quella ematoencefalica e in questa maniera influenza lo sviluppo delle cellule fetali dell’apparato del sistema nervoso centrale.
Per cui, se da una parte è ormai evidenziato che l’alcol in gravidanza comporta nell’embrione un ritardo nella crescita (che è dose dipendente), dall’altro è stato dimostrato che comporta anche un ritardo del differenziamento cellulare, quantitativo e qualitativo, alterazioni specifiche dell’espressione genica e del contenuto proteico con possibile riduzione anche del peso di cuore e reni, ma soprattutto del cervello (Caputo et al., 2016)….

AUTORE

Claudio Diaz

CATEGORIA

FASD

POSTATO IL

6 Luglio 2022

SOCIAL

AIDEFAD – ETS

L’uso di alcol etilico (in seguito denominato alcol) durante la gravidanza e la conseguente esposizione fetale ad esso può causare disordini dello sviluppo del feto, quali ritardo della crescita, anomalie cranio facciali, malformazioni di organo e anomalie neuro comportamentali.

Tali manifestazioni cliniche sono note come spettro dei disturbi feto alcolici (Foetal Alcohol Spectrum Disorder, FASD), la cui patologia più grave è la sindrome feto alcolica (Foetal Alcohol Syndrome, FAS).

Altri possibili quadri sono: la FAS parziale (PFAS), il disturbo dello sviluppo neurologico alcol-correlato (Alcohol-Related Neurodevelopmental Disorders, ARND) e i difetti congeniti alcol-correlati (Alcohol-Related Birth Defects, ARBD).

La correlazione tra consumo di alcol e difficoltà procreative è nota sin dall’antichità. Prima con evidenze empiriche e poi con studi scientifici è stato provato che l’uso costante di bevande alcoliche influisce negativamente non solo sulla fertilità femminile ma anche in quella maschile.

Il consumo di alcol rientra nella tematica della tossicità riproduttiva e della tossicità dello sviluppo, intendendosi con tali termini tutti gli effetti che possono essere conseguenti all’esposizione paterna e/o materna ad agenti tossici nel periodo che precede il concepimento, durante lo sviluppo prenatale o nel periodo successivo alla nascita del bambino (allattamento).

L’effetto tossico può incidere sulla funzionalità degli organi riproduttivi genitoriali e/o del sistema endocrino correlato, sia dell’uomo che della donna. A differenza della tossicità esercitata da vari agenti sui diversi apparati organici, che si manifesta come sviluppo di una malattia nell’individuo esposto, la tossicità riproduttiva si esprime all’interno di una coppia.

In altre parole, l’esposizione di un membro della coppia, per es. l’uomo, ad un agente tossico può manifestarsi come evento negativo sull’altro membro, per esempio come aumento della frequenza di aborto spontaneo nella donna.

L’alcol inoltre rientra tra i fattori che determinano un impatto epigenetico sulla riproduzione. Per epigenetica si intende il cambiamento dell’espressione genica, determinato da fattori ambientali. I fattori ambientali possono essere di qualunque tipo: cibo, sostanze tossiche, inquinamento, esercizio fisico, emozioni, traumi psichici, ecc. Questi elementi possono attivare e disattivare parti del nostro genoma attraverso l’azione di processi biochimici in cui si ha l’aggiunta di gruppi metilici o acetilici, che determinano alterazioni nella trascrizione dei geni.

Un segnale epigenetico è un cambiamento ereditabile che non altera la sequenza nucleotidica di un gene, ma la sua attività. Di conseguenza possiamo ritrovare nelle generazioni successive dei danni dovuti a fattori ambientali riferibili ai nonni e ai bisnonni. Quindi considerando i fattori epigenetici, se si consuma alcol in gravidanza, il danno che ne deriva può essere presente non solo sul prodotto di concepimento, ma anche nelle generazioni future.

Numerosi studi clinici e sperimentali, già nel ventesimo secolo, hanno chiaramente dimostrato che il consumo di etanolo durante la gravidanza può produrre nel feto una serie di disturbi dello sviluppo neuro comportamentale, neurobiologico, fisiologico, pervasivi e di lunga durata.
Nel 1968 Paul Lemoine aveva già descritto, anche una serie di anomalie facciali e alterazioni cognitive e comportamentali nei figli di madri alcoliste .
Fu solo 5 anni dopo, nel 1973 che, due ricercatori statunitensi, Kenneth Lyons Jones e David W. Smith studiarono sistematicamente gli effetti dell’esposizione prenatale all’alcol, ottenendo una maggiore attenzione da parte del mondo scientifico.
Da allora migliaia di ricerche hanno confermato e ampliato in modo significativo questi primi risultati descrivendo numerosi deficit, compresi i disturbi della funzione neuro-cognitiva, autoregolamentare e adattiva.

Subito dopo l’identificazione di quella che fu definita sindrome feto alcolica sono iniziati numerosi studi che hanno utilizzato modelli animali per studiare in forma controllata gli effetti dell’esposizione prenatale all’alcol.
Questi studi sperimentali si sono rilevati fondamentali, in prima istanza per confermare che l’alcol è una sostanza teratogena e in secondo luogo per chiarire i meccanismi d’azione sull’embrione e sul feto, quali l’alterazione degli effetti comportamentali e gli effetti funzionali/neurobiologici conseguenti all’esposizione prenatale.

È stato dimostrato che l’alcol attraversa prontamente non solo la barriera placentare ma anche quella ematoencefalica e in questa maniera influenza lo sviluppo delle cellule fetali dell’apparato del sistema nervoso centrale.
Per cui, se da una parte è ormai evidenziato che l’alcol in gravidanza comporta nell’embrione un ritardo nella crescita (che è dose dipendente), dall’altro è stato dimostrato che comporta anche un ritardo del differenziamento cellulare, quantitativo e qualitativo, alterazioni specifiche dell’espressione genica e del contenuto proteico con possibile riduzione anche del peso di cuore e reni, ma soprattutto del cervello.

L’alcol può indurre una riduzione della proliferazione della popolazione delle cellule staminali, che di conseguenza comporta una riduzione della produzione sia di nuovi neuroni che di nuove cellule gliali. Alcune regioni del cervello, a seconda della dose e dei tempi di esposizione, possono essere più suscettibili all’alcol, come l’ippocampo, l’amigdala e il cervelletto.

Inoltre, nei casi più severi l’esposizione all’alcol può determinare un’architettura corticale disorganizzata, elemento che influenza il modello di comunicazione all’interno e attraverso le regioni coinvolte nella funzione cognitiva superiore.

Gli effetti teratogeni dell’alcol sono dannosi per lo sviluppo del sistema nervoso centrale particolarmente durante due periodi critici della gestazione: i primi due mesi gestazionali, quando è possibile che la donna non sappia ancora di essere in gravidanza, in quanto periodo estremamente delicato, in cui il cervello si sta sviluppando in maniera estremamente rapida e il terzo trimestre, quando avviene lo scatto di crescita del cervello. Generalizzando, l’esposizione all’alcol durante la vita fetale può compromettere in maniera importante lo sviluppo dell’apparato cerebrale in tutte le fasi della gestazione in quanto può influire in maniera negativa sia sulla neurogenesi sia sulla differenziazione e sulla sinaptogenesi.

È d’obbligo ricordare che l’alcol è una sostanza che genera delle lesioni cellulari a causa della produzione di un metabolita tossico quale la acetaldeide. Sia l’acetaldeide che l’etanolo generano un danno vascolare di perfusione placentare che crea uno stato di ipossia cronica, con conseguenze negative sullo sviluppo embrionale e fetale. Ha un effetto teratogeno diretto perché il feto non è in grado di metabolizzare l’etanolo e quindi va a colpire soprattutto il sistema nervoso centrale.

Riassumendo quanto finora riportato, si può concludere che la possibile conseguenza di un’esposizione antenatale non trascurabile all’alcol è riassumibile nello spettro dei disturbi feto alcolici il cui acronimo è FASD dalla nomenclatura anglosassone Foetal Alcohol Spectrum Disorders.

Con questo acronimo si vuole specificare un quadro clinico caratterizzato da 3 caratteristiche particolari:
1) dismorfismi facciali;
2) ritardo dell’accrescimento;
3) anomalie neuro comportamentali.

Si tratta di una diagnosi “ad ombrello” poiché contiene al suo interno l’elenco di una serie di manifestazioni cliniche che non sempre possono essere
contemporaneamente presenti.

La Sindrome Feto Alcolica (FAS), nell’ambito della FASD, è la forma clinica più grave, dove sono concomitanti e presenti tutte e tre le caratteristiche cliniche specificate sopra.
La Sindrome Feto Alcolica parziale (PFAS) prevede la concomitanza di due manifestazioni cliniche principali e quindi può essere coadiuvante nella diagnosi l’anamnesi positiva del consumo di alcol in gravidanza.
I Difetti Congeniti Alcol-correlati (Alcohol-Related Birth Defects, ARBD) e il Disturbo dello Sviluppo Neurologico Alcol-correlato (Alcohol-Related Neurodevelopmental Disorders, ARND) sono due diagnosi di Sindrome Feto Alcolica meno evidenti e più difficili da diagnosticare, anche in relazione al fatto che un elemento fondamentale, per poter far diagnosi di queste ultime due sindromi, è la presenza nell’anamnesi materna di un consumo dichiarato di alcol durante la gravidanza.

In generale, la diagnosi è più tardiva, frequentemente in età scolare, proprio perché sono assenti o poco osservabili le manifestazioni cliniche più evidenti.

L’anamnesi alcologica ostetrica si rivela molto importante non solo per individuare i fattori di rischio, per pianificare l’assistenza o per avviare un intervento di sensibilizzazione, ma anche per coadiuvare la diagnosi differenziale e precoce dello spettro dei disordini feto alcolici.

[FONTE: Rapporto ISTISAN 21/25 – Prevenzione, diagnosi precoce e trattamento mirato dello spettro dei disturbi feto alcolici e della sindrome feto alcolica. A cura di Adele Minutillo, Simona Pichini, Paolo Berretta]

Approfondisci “Cosa significa avere la FASD/DEFAD?” nella sezione dedicata delle nostre DOMANDE FREQUENTI.

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