…In quel giorno mi diagnosticarono l’ARND (Disturbo dello sviluppo neurologico associato all’alcol) la mia nuova diagnosi. E’ stata un sollievo pensare che non ero incanalato nelle diagnosi precedenti come ad esempio di Disturbo Borderline di Personalità o diagnosi simili. Non sarei riuscito a riconoscermi per l’ennesima volta, ma invece stavolta fu diverso…

AUTORE

Davide

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Storie di FASD

POSTATO IL

20 Maggio 2020

Ciao a tutti,

mi chiamo Davide e ho 22 anni. Nel corso della mia vita ho sempre cercato un perché sulla mia adozione e sulla mia vita passata. Sono stato adottato all’età di 3 anni e mezzo e, all’età di 4 anni ho iniziato ad essere seguito dal servizio psicologico della neuropsichiatria infantile e dell’età evolutiva. All’età di 15 anni circa, ho iniziato ad assumere gli psicofarmaci, perché mi avevano diagnosticato l’ADHD. Assumevo uno psicofarmaco chiamato Ritalin e avevo quasi sempre gli attacchi di panico (erano effetti collaterali). Dopodiché, all’età di 18 anni sono stato preso in carico dal CSM e ho iniziato una terapia farmacologica più ampia.

Ho deciso di scrivere la mia biografia per 2 motivi: il primo è che mi è stato chiesto di scriverla perché magari potrebbe essere utile leggerla per un qualcuno che vive le mie stesse emozioni; il secondo è che ho sempre avuto una voglia immensa di scrivere la mia storia, anche perché oltre alla mia famiglia, vorrei che anche altre persone sapessero come sto vivendo questa situazione.

Mi ricordo ad esempio che, fino ai 16 anni, non volevo proprio saperne delle mie origini. Appena sentivo parlare di adozione e di altri aspetti di questo discorso, io o mi chiudevo a riccio o cambiavo immediatamente argomento. Avevo paura perché era un tema molto difficile e complicato per me. Dopodiché, ho iniziato a parlarne pian piano, all’inizio facevo molta difficoltà, ma poi covavo sempre più interesse, fino a quando non ho iniziato a parlarne apertamente con i miei amici di infanzia o con la mia famiglia. Mi ricordo che per parlarne con i miei familiari, avevo bisogno di vedere le foto passate sull’Ucraina e sulla mia adozione.

Ho iniziato la scuola un anno più tardi rispetto agli altri della mia età. Avevo quasi sempre bisogno dell’assistente a scuola, perché non riuscivo a concentrarmi o a scrivere bene gli appunti. Questa cosa durò fino alla seconda superiore, dopodiché, cambiando scuola e indirizzo, mi accorsi che crescendo con il tempo riuscivo a concentrarmi meglio ed a fare sempre i compiti assegnati per casa. In adolescenza ero un “ribelle”. Ero timido e spesso per piacere ai miei compagni, ne combinavo sempre una: prendevo di mira un professore, qualche alunno più debole emotivamente di me e lo prendevo in giro. Ammetto che ho sofferto di bullismo alle medie e alle superiori, ma questo purtroppo non mi ha evitato di compiere comportamenti simili qualche anno dopo.

A casa litigavo quasi sempre con i miei; dovevo essere sempre assistito da mia madre per i compiti e questo non mi permetteva di essere autonomo. Volevo iniziare ad avere la mia indipendenza sia nello studio che nelle uscite con la mia compagnia di amici dell’epoca.

All’età di 18 anni ho iniziato il mio percorso riabilitativo e ho iniziato con la mia prima presenza in psichiatria. Lì ero un ragazzo abbastanza tranquillo, solo che a livello emotivo ero molto debole, soprattutto quando vedevo ragazzi della mia età o più grandi essere legati al letto per una qualche crisi personale. Dopo 1 mese di ricovero in SPDC, sono stato ricoverato a Villa Santa Giuliana a Verona. In questo centro ci sono rimasto per 1 mese e mezzo. Successivamente mi hanno trasferito alla mia prima comunità a Como, dove ci sono rimasto per 8 mesi. Dopodiché, passati gli 8 mesi, sono stato dimesso e portato a casa dalla mia famiglia. Sentivo nell’aria un profumo di libertà, che però durò ben poco:  quando mi sono accorto che stavo di nuovo cadendo nella mia crisi, ho scelto volontariamente di essere trasferito di nuovo a Verona e successivamente alla mia seconda comunità: ad Arco.

Sono arrivato ad Arco l’11 Dicembre 2018. Inizialmente mi sentivo spaesato, a disagio e timido, perché non conoscevo nessuno e avevo bisogno di parlare con qualcuno per sfogarmi per diverse problematiche che avevo all’epoca.

Reagivo in maniera molto impulsiva e non pensavo alle conseguenze. Inizialmente riuscivo a moderare il mio comportamento e riuscivo a seguire tutte le attività assegnate. Dopo qualche mese, iniziai ad avere un atteggiamento scontroso verso pazienti ed operatori. Iniziai ad avere di nuovo crisi di rabbia e per sfogare la mia frustrazione tiravo pugni sui muri o sulle porte, però, in quei pochi momenti di lucidità chiedevo quasi sempre di assumere la terapia al bisogno o alcune preferivo farmi fare una fiala per evitare di fare danni.

Nel primo periodo, non credevo che questa comunità era adatta a me e alle mie esigenze, per quello mi agitavo molto, uno dei fattori poteva anche essere che non conoscevo nessuno e non volevo parlare con nessuno, perché appunto non mi fidavo né di pazienti e né di operatori.

In primavera ho iniziato ad avere degli atteggiamenti scontrosi contro il personale, avevo fatto amicizia con due ragazzi e quindi mi sentivo forte in quanto appartenente ad un gruppo. Iniziai ad alzare la voce contro gli operatori, a sfidarli, e a non seguire più le regole.

Dopo una serie di episodi spiacevoli tra cui il fatto che un giorno, assieme a questi due ragazzi, ho deciso di cucinare la pasta e di bere il caffè nel cuore della notte (cosa ovviamente non permessa) sono stato allontanato in un’altra comunità ad Albarè.

Dopo un breve periodo, sono stato dimesso perché ho avuto una crisi di rabbia molto forte e gli operatori non sapevano come comportarsi, così con la dimissione, ebbi un’occasione di tornare temporaneamente a casa dalla mia famiglia.

Con il trascorrere del tempo a casa, mia madre si interessò tramite qualche associazione e ricerche su internet, per trovare una giusta diagnosi per me, perché finora, non mi rispecchiavo in nulla di ciò che i dottori mi avevano comunicato. Da quando ho 16 anni, infatti, ho ricevuto almeno 5 diagnosi, nessuna delle quali giusta. Così arrivò al sito di AIDEFD e contattò l’associazione. Parlò a lungo con il suo presidente, Claudio Diaz, che ci indirizzò a Roma, più specificatamente al CRARL (Centro di Riferimento Alcologico della Regione Lazio) del Policlinico Umberto I. Fu la volta di una nuova diagnosi. Detto con molta sincerità, sono innamorato di Roma e quindi non mi ha fatto per niente male rivedere quella magnifica città. Appena arrivato a Roma con mia madre, ho iniziato a riflettere sul mio passato e su quale fosse realmente in mio problema, ragionando anche su quali fossero le motivazioni che mi avevano spinto a compire dei comportamenti sbagliati nelle varie comunità. Mi chiedevo quasi sempre: “Come faccio a dimostrare a tutti che vorrei riscattarmi dalla vita passata?”.

Al giorno della diagnosi io mi sentivo molto agitato, ma con una sorpresa che non mi sarei aspettato, durante i test e i colloqui, mi hanno detto: “Davide, non è colpa tua”.

In quel giorno mi diagnosticarono l’ARND (Disturbo dello sviluppo neurologico associato all’alcol) la mia nuova diagnosi. E’ stata un sollievo pensare che non ero incanalato nelle diagnosi precedenti come ad esempio di Disturbo Borderline di Personalità o diagnosi simili. Non sarei riuscito a riconoscermi per l’ennesima volta, ma invece stavolta fu diverso..

E in quel preciso istante è come se la mia testa avesse fatto “click” e ho iniziato a ripetermi: “Davide, ce la puoi fare a riscattarti!”. Così, il direttore sanitario ha chiamato mia madre per chiedergli come andava e in quella telefonata ho scoperto che la comunità mi avrebbe dato una seconda possibilità. Un nuovo ricovero, partendo completamente da zero. Ho accettato le condizioni che mi erano state presentate e da quel momento è iniziata la mia salita verso la serenità.

Ho ricominciato tutto da capo, da riprogrammare gli obiettivi, dalle uscite programmate solo con operatori, all’essere inserito nelle mansioni giornaliere per essere utile alla comunità. Mi sono presentato come un ragazzo nuovo, senza aver bisogno di molte scenate imbarazzanti (che 1 anno fa avrei fatto) e riuscendo a gestire alti livelli di stress (cosa che 1 anno fa non immaginavo sarebbe stato possibile fare). Il personale mi ha accolto con entusiasmo, e così ho iniziato il percorso nel migliore dei modi. Con il passare del tempo, ho scoperto che più andavo avanti bene, più venivo gratificato e premiato, come con le uscite di gruppo in paese, o quando mi è stato proposto di iniziare a cucinare per me e per chiunque avessi voluto invitare a pranzo. Ho anche scoperto che il personale era mio alleato per i momenti difficili e quindi potevo parlare con gli operatori!

Oggi, dopo un anno e mezzo di comunità, posso dire che ho imparato molto dalle lezioni che la mia vita mi ha messo davanti. Tutt’oggi, ho molta più libertà rispetto a un anno fa: ad esempio ho le uscite in autonomia, posso usare il cellulare anche la sera e non solo di giorno, o anche la soddisfazione della cucina individuale e i complimenti che ricevo.

Da circa sei mesi sono in contatto telefonico con Claudio Diaz, e devo dire che mi ha aiutato molto a spronarmi per fare sempre meglio, fino alla grande soddisfazione della intervista fatta di recente online!

Anche lui vede dei cambiamenti in me, ad esempio, da quando biascicavo le parole al telefono per magari aver preso una dosa alta di psicofarmaci ad adesso, che prendo un solo farmaco e anche quello in riduzione.

Oggi mi sento un ragazzo nuovo, con pochi pensieri e molte aspirazioni. Anche perché un anno fa, non avevo queste libertà, perché non ero lucido mentalmente, per colpa delle mie crisi di rabbia.

Arco mi piace tantissimo come città e quindi vorrei tanto visitarla con calma, magari una delle volte che verrò a trovare la comunità quando verrò dimesso.

Oggi ho fatto domanda per un appartamento protetto a Bolzano, dove vivo, e domanda anche per uno stage lavorativo in una cooperativa sempre di Bolzano e ora sono in procinto di dimissioni, con molte più libertà rispetto a qualche anno fa.

Magari potrei fare la scuola per OSS (perché mi piace tantissimo come lavoro), dato che aiuto spesso gli OSS della struttura a pulire o anche per fare una chiacchierata.

Chi lo sa, magari potrò venire a lavorare in questa comunità in futuro!

Ringrazio Claudio Diaz per l’opportunità che mi sta offrendo, chiedendomi di scrivere la mia biografia. Io penso che certe volte aiutare le persone, serve anche a noi.

Ringrazio mia madre, per tutti gli sforzi che ha fatto e sta facendo, per rendermi migliore la mia vita.

Un grazie a tutti coloro che sono in prima linea con me, per migliorare la mia vita in meglio.

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